Ciao
Una parola semplice, a cui tutti sembravano abituati, che usciva in maniera spontanea un po’ a tutti i bambini.
Tranne a me.
Per me era superflua, non percepivo la necessità di dirla. Esordivo parlando direttamente di quello che più mi stava a cuore, che avevo in testa come un film e che volevo condividere con gli altri bambini.
Ma senza quel ciao per me innaturale, nessuno capiva cosa volessi, sembravo invadente, strana o fuori luogo.
Così mi si è attaccata addosso silenziosamente, quella sensazione di essere strana, aliena, diversa. Cose semplici, giocare a palla, la bicicletta, nascondino, per me era difficilissime, anche spaventose.
Nessuno si è accorto del mio autismo.
Ero solo una bambina molto educata, molto silenziosa e molto imbranata. Troppo logorroica e intelligente, ma chiusa.
Io invece non ero chiusa, almeno non mi sentivo cosi, però ricordo che mi sentivo sempre spaesata. All’inizio erano i rumori forti, le luci, i movimenti veloci, la confusione, che mi frastornavano. Crescendo ho iniziato ad allenarmi, da sola, a “far resistenza”.
“Guarda a lungo la luce della lampadina finché non ti darà più fastidio” “sbatti forte la palla finché il suono che ti spaventa non ti sembrerà familiare e sentirai di poterlo controllare”.
Poi sono arrivati i confronti. Le chiacchiere tra compagni. Non capivo perché una cosa non significava letteralmente quello che si dice, perché mai qualcuno dovrebbe trattarti in un modo carino ma in realtà avere un altro sottinteso, o se ti dicono una cosa possono intendere un’altra. Perché le persone non erano chiare? Perché ti fissano negli occhi? Non lo sanno che mi mettono a disagio? “Se non guardi negli occhi sei bugiarda”. Ma io non ero bugiarda. Mai. E ci stetti molto male.
Smisi di parlare a scuola, perché tanto ridevano tutti, mi prendevano in giro, “parli di cose strane”, i dinosauri, lo spazio, le avventure che avevo in testa piene di personaggi e luoghi incredibili, non interessavano a nessuno e non capivo mai, dico mai, il perché.
Sapete quel gioco del “hai paura di una mosca?” e si batte le mani davanti alla faccia del bambino? Lui sbatte gli occhi di riflesso e gli altri ti dicono ridendo “ah ah, ha paura di una mosca”. Ecco, io invece restavo ferma, come congelata, il suono del battito mi spaventava, le mani degli altri troppo vicine mi facevano timore, e da fuori sembravo un pezzo di ghiaccio. I bambini si stancano subito se non stai agli scherzi. Così mi ignorarono.
Ero la bambina invisibile.
Questi sono solo alcuni dei ricordi che ho. Quelli più leggeri.
Molte cose sono migliorate, ma non perché sono “guarita”, no, dell’autismo non si guarisce, semplicemente perché non è una malattia, è una diversità neurobiologica, io SONO diversa, ci sono nata così.
Sono migliorate perché ho iniziato a sforzarmi, a fare sacrifici, a fare finta, a simulare di essere come gli altri. All’inizio per compiacerli, per paura, per essere accettata. Poi per proteggermi.
Ma tutti questi sforzi costano energia, mi lasciano la sera stanca e senza forze.
Ho un marito e due figlie, un lavoro.
Riesco a stare dietro a tutto, mi sforzo, perché non voglio più essere invisibile.
Noi vi sembriamo in una sorta di bolla, per me anche voi lo siete.
So quanto è difficile stare vicino a qualcuno che non è come te, che non ti capisce e non capisci, lo so perché provo lo stesso e lo so perché mia figlia maggiore è esattamente come me, autistica, pur essendo molto diversa da me.
So bene anche che l’autismo ha mille sfumature e differenze, e per alcuni sono molto più evidenti, più “limitanti”, anche più gravose, ma sappiate che quel bambino che non vi parla perché è assorto a sistemare i suoi colori in ordine, o non parla perché è preso a dare le testate al cuscino, vi sente.
Non come voi sentite ma in un’altra “lingua”, vi sente, e vi parla anche, con i gesti, i morsi, le smorfie o con l’elenco dei Pokémon che ha catturato. Parliamo con voi, sempre. Anche quando stiamo in silenzio.
Alcuni di noi si adattano, imparano la vostra lingua e le vostre usanze. Alcuni non lo fanno o non riescono. Ma siamo lì, non siamo da un’altra parte.
E l’amore ci arriva lo stesso, e spero anche a voi.
Una mamma autistica/asperger
Ho gli occhi pieni di lacrime ma invece voglio sorridere perché sono infiniti i modi di amare arrivare agli altri sentirli e farsi sentire. Grazie per avermi svelato i vostri.
Grazie anto della tua sensibilità… Nn darla mai per scontata. Ognuno di noi avrebbe un modo di amare da insegnare 💙
Che meraviglia leggere il punto di vista dalla prospettiva di mio figlio (alto funzionamento,9anni). Grazie.
Lara ho pensato anche io la stessa cosa💙