Dietro ad un bimbo diversamente abile, disabile, handicappato o come cavolo si è deciso di chiamarlo oggi, c’è una famiglia che oltre ad elaborare quanto è successo al loro figlio, oltre ad aiutarlo fisicamente, moralmente, mentalmente, oltre che leggere, studiare “casi” simili al loro per capire il proprio, oltre che cercare di tenere in equilibrio la propria famiglia come il miglior acrobata del Circo di Moira Orfei, si ritrova a doversi muovere tra chili e chili di burocrazia per far valere i diritti del proprio figlio, si ritrova ad affidare ogni giorno il proprio mondo nelle mani di persone a volte (troppe) incompetenti, che non si preoccupano di leggere, studiare, capire le esigenze dell’alunno “speciale” che gli è stato assegnato.
Si dice che siamo tutti uguali, no cazzata, ha ragione una mia amica quando dice che siamo tutti diversi e quindi con necessità diverse…quando si capirà questo, si capirà pure che “l’inclusività è il far parte di un gruppo in maniera attiva appunto inclusiva che è ben diversa dall’integrazione”.
Ogni mattina prepariamo i nostri figli con gran cura, gli diamo un bacio sulla bocca e gli auguriamo la loro migliore giornata, e poi li affidiamo a queste figure chiamate “maestre di sostegno”. Lottiamo contro tutto e tutti per avere il massimo di ore possibili con loro, ma poi a volte ci rendiamo purtroppo conto che sono solo persone messe lì, senza formazione, che non sanno nulla di quello che c’è da fare, ma cosa c’è di peggio della non formazione? L’assenza di amore per il proprio lavoro, l’assenza del voler sapere, l’assenza della curiosità che è il carburante del nostro cervello. E cosa ci rimane? Il nulla ore buttate nel cesso, e PEI basati su aria fritta.
Rapporti mai nati, e che mai nasceranno, bambini che vengono raccontati da faldoni di storia trascritta e riportata da persone più o meno nella capacità di farlo, ed in tanto il nostro tempo così prezioso, passa ed anche quello non tornerà più.
Io racconto alcuni stralci di vita mia e della mia famiglia meravigliosamente autistica (un po ormai lo sono pure io) proprio per arrivare nelle case di tutti. Pecco di presunzione nel voler investire in un progetto così grande, ma io ci credo fortemente. Le mie parole, il mio cuore, la mia forza e le mie lacrime (tante) entrano nelle case di famiglie simili alla mia, ma anche in famiglie che non immaginano cosa ci sia dietro la mia porta di casa. Condividere, parlare aiuta a farci conoscere, a far conoscere i problemi che dobbiamo risolvere per poter migliorare la vita di molte persone.
“cos’è l’autismo?” “vedi, l’altra sera ho preparato la cena, la sua preferita, lui non ha mangiato nulla, anzi si è alzato ed ha buttato tutto nel cestino. Perchè? Lui semplicemente mi ha detto che non era il suo solito piatto. Infatti il servizio di piatti quella sera era nuovo, diverso.”
Come si può spiegare l’autismo, devi viverlo, un piatto diverso, le scarpe da ginnastica nuove, un nuovo percorso e tanto altro, ma se tu maestra non vedi tutto questo, non ti informi, non studi, non pianifichi strategie, come cavolo pensi d’essere d’aiuto a questi stronzi che definiamo speciali???
Però attenzione, fra poco arriverà il PEI dove ci diranno chi è nostro figlio, i suoi limiti ed eventuali risultati.
Kiss e buona lettura con pastigli per mal di stomaco annessa e con la consapevolezza che non tutte sono messe lì a casa, e che molte per fortuna prendono i nostri figli per mano e li accompagnano per un lungo tragitto.